La mobilità è in un periodo di grande trasformazione, più volte annunciato ma non ancora ben definito. Viene quindi da domandarsi quale sarà il tipo di motore che detterà legge nei prossimi anni.
I costruttori hanno già annunciato l’abbandono del diesel. Nell’arco di qualche anno il valore di chi ne possiede uno scenderà e i modelli più richiesti, cioè suv e crossover, saranno sempre meno a gasolio. Ma cosa succederà nel breve periodo?
SOLUZIONI ECO-FRIENDLY
Siamo ancora lontani dal vedere le auto a pannelli solari, per non parlare di altre soluzioni “eco-friendly” come le vetture ad acqua. Si sono ridotte le aspettative anche sull’idrogeno, per via degli alti costi di distribuzione e di stoccaggio e della rete di rifornimento che manca. Finora l’Italia ha puntato molto sul metano che è considerato, forse erroneamente, una “tecnologia ponte”, cioè di passaggio, perciò rimangono di nuovo i derivati dal petrolio, a cui si aggiunge una fonte che viene data ora in rapida ascesa, quella elettrica.
GLI INVESTIMENTI NELL’ELETTRICO
Nel mercato attuale siamo ancora a livelli di nicchia (meno di 2.000 auto vendute in Italia nel 2017) e le colonnine di ricarica, per ora poche e limitate ai centri urbani e alle dorsali autostradali, non consentono una sufficiente libertà di movimento. Eppure tutte le case automobilistiche del mondo stanno investendo in questa fonte energetica.
Al momento i numeri della benzina e del diesel sono molto più elevati dell’elettrico: quasi 2 milioni di venduto in Italia nel 2017 (+7,9%), a quanto risulta all’Associazione nazionale filiera industria automobilistica. D’altra parte la tecnologia elettrica ha le carte giuste per fare breccia in diversi ambiti: dalla sicurezza al clima, dalla salute all’economia e alla politica che, non ultima, deve incrementare un serio piano d’incentivi fiscali, come già succede in Cina, negli Usa e nei paesi del Nord Europa (es: Norvegia).
BATTERIE PIÙ PERFORMANTI
Una buona notizia è che, secondo uno studio di Bloomberg, negli ultimi otto anni il prezzo di una batteria agli ioni di litio (che incide per circa la metà sul valore di un’autovettura elettrica) è diminuito del 73% e calerà ancora. I problemi però riguardano lo sfruttamento del lavoro nei Paesi in cui lo si estrae insieme al cobalto (Colombia, Bolivia, Congo), nonché lo smaltimento e il recupero di questi metalli preziosi e non infiniti. Basti pensare che attualmente una batteria per auto richiede 10 kg di litio.
L’ESEMPIO DELLA GRAN BRETAGNA
Se gli ostacoli ci sono, alcuni Paesi stanno comunque tentando di risolverli: la Gran Bretagna, ad esempio, ha in programma una rete di 45 stazioni per lo stoccaggio dell’energia e il rifornimento dei veicoli elettrici che comincerà a espandersi dall’anno prossimo. La start-up Pivot ha infatti ottenuto il sostegno dell’investitore istituzionale Downing e della rete nazionale dell’elettricità National Grid. La prima sarà a Southampton e le prime 10 dovrebbero essere operative alla fine del 2019. Sorgeranno presso stazioni pubbliche di ricarica rapida già esistenti, depositi di bus elettrici e basi operative di grandi flotte di trasporto.
Oltre alla funzione di ricarica rapida per mezzi elettrici, le stazioni accumuleranno energia nei momenti di sovrapproduzione per rilasciarla in caso di bisogno. La Commissione nazionale per le Infrastrutture ha calcolato che in questo modo potrebbe far risparmiare ai consumatori 8 miliardi di sterline (9,1 miliardi di euro).
In conclusione la scelta del tipo di motore, oltre alla sensibilità verso l’ambiente, dipenderà dall’utilizzo prevalente che si fa dell’auto (dentro o fuori i centri urbani, pochi o molti chilometri di percorrenza l’anno), dal costo delle vetture e dalle reti di rifornimento che, nel frattempo, verranno costruite.